Lo spettacolo atroce di tutta la gente che passa ci guarda e prosegue veloce

Kilowatt giorno 5…6 ma forse anche 7 ché tanto ormai ho perso il conto

Sarà che in questi giorni la vita mi sta prendendo a schiaffi a due a due col muro, sarà che ogni volta che vedo un manifesto leghista mi turbo sempre un po’, sarà che a me di Cristiano Ronaldo alla Juve non me ne potrebbe fregare di meno e pertanto mi sento inadeguato in una conversazione media, sarà quel che sarà, ma alla fine mi ritrovo a pensare troppo.

Strano perché poi tutti ci crediamo grandi pensatori, ma son gli uomini d’azione che mancano, diceva il mio saggio nonno, prima che il Parkinson rendesse incomprensibili le sue parole. (si lo so ho fatto un esempio simile nell’altro articolo, ma che devo dirvi, mi piace e poi davvero hanno queste due malattie che vi devo fare)

Non che questo mi faccia cambiare idea, così continuo a pensare, a darmi da fare pensando alle cose che ho da offrire, nonostante la gente passa mi guarda e prosegue veloce, o forse sono io a non fermarmi chi lo sa? Allora lasciatemi fermare un attimo. Da qui il sensazionale titolo dell’articolo.

La conoscete, è “L’autostrada” di Daniele Silvestri, santo sia subito, un pezzo che si porta dentro una quantità indefinita di malinconia. Dunque sapete ora cosa aspettarvi da queste righe.

Anzi facciamo così che ormai va di moda.

Ascolto consigliato per la lettura è proprio questo. Dai, su, mettilo. Ti aspetto. 

Si, lo so a Sansepolcro non prende bene, ma ti aspetto. Intanto vado in bagno. Guarda ti lascio anche il link così non fatichi a cercarla: https://www.youtube.com/watch?v=HbY7_S1WxIA 

Fatto?

Io sì e tu?

Benissimo.

Nel giro di un giorno o due mi son ritrovato spesso, per mia volontà (o forse me la racconto questa cosa, ma voi non lo saprete mai) a star da solo. 

Ragionavo proprio sul collegamento tra due lavori cui ho avuto la fortuna di assistere durante questa villeggianza a Kilowatt Festival.

Mi piace sempre non far nomi, fedele alla regola che mi son imposto di non fare recensioni, che dio mi fulmini se mi contraddico. (mica per niente, giusto per evitare quel cortocircuito sul chi può dire cosa, in qualità di quale ruolo e via dicendo, a me tutte queste diatribe suonano di tempo perso)

Tre donne all’inps ci sbattono davanti le loro assurde vite ormai rovinate. Sono all’ufficio reclami.

Reclamano quanto di più assurdo si può chiedere. 

Non mi addentro nella prima deliziosa parte dove i tre casi umani (non le attrici, loro son straordinarie) si raccontano, ma nel momento di scarto finale dove con una semplicità unica, dopo quello che è forse il più bello stallo alla messicana della storia dell’umanità intera, ribaltano tutta l’intenzione avuta fino a quel momento e con una dolcezza materna ci dicono: 

….

….

….

Suspense

Cosa ci dicono ve lo dico tra poco, prima devo fare il ragionamento parallelo, state con me che poi li chiudo insieme. 

Un circo sospeso. Così sarebbe da definirlo a primo impulso. Non nel senso di sollevato, che si è anche quello, ma non proprio. 

Sospesa è la sensazione che si prova nel vederli. Equilibri che è ridicolo definire solamente precari, divengono le piattaforme più stabili sotto i piedi di quei due fauni che volteggiano in scena, così diversi, come atterrati da due differenti pianeti eppure in perfetto equilibrio fra loro, per noi.

Un building di costruzioni sempre a cercare qualcosa in più, qualcosa di più con cui stupire. 

Ogni volta i giochi diventano più fragili, incredibili e poeticamente sospesi.

Di colpo, dopo l’ennesimo gioco, qualcosa accade.

Uno dei due passa all’altro una piccola “O” di quelle che si usano come sostegno per andare in verticale sulla testa. David il folletto la prende e chiude capovolgendo il suo punto di vista. 

Che se ci vogliamo vedere i tarocchi francesi tutto diventa di una poesia straziante. Dopo averci deliziato con tutto ciò che il piano materiale poteva offrirci, si sceglie l’inizio del cammino spirituale, il dodicesimo tarocco è arrivato e tutto cambia ai suoi occhi ora, il mondo storto è forse ora meno cattivo

Fine della suspense andiamo a chiudere

“Ognuno di noi è un numero, una carta di identità.

Quanti siamo?”

Questo ci dicono le tre donne allontanandosi.

Ma in quelle semplici frasi le mie orecchie odono altro:

Non ci stanno bene le cose che ci accadono?

Perché non ci contiamo?

Guardiamoci e contiamoci. Non dobbiamo aspettare, dobbiamo agire, gli uomini d’azione, Nonno quanto cazzo c’hai ragione?

Davvero c’è bisogno di spiegarlo? 

Davvero dobbiamo essere noi tre a dirvelo, non è già OVVIO tutto questo?”

Immagino che la canzone sia finita da tempo. 

Anch’io di fronte alla richiesta di una rivoluzione gentile mi guardo dentro e penso alle cose che avrei da offrire. Cosa posso muovere da questa timida vita che ancora non è stato toccato?

E così per una volta mi son sentito così piccolo da voler sparire.

Grazie al cielo poi hanno messo Gloria Gaynor con la sua “I WILL SURVIVE” e tutto è tornato alla normalità.

Vi lascio il link anche qui così vi rimettete di buon umore anche voi.

https://www.youtube.com/watch?v=Faf1ch7Q9XE  

P.S. Ho visto pure lo spettacolo di Maniaci D’amore, ragazzi, sono pazzeschi e dovrebbero essere ovunque in tutta Italia, ma questa è un’altra storia, ci torno presto sull’argomento.

P.P.S. Ah! Quello nella foto è Puscibaua un cantautore strepitoso, che non c’entra nulla con l’articolo, ma mi ci stava troppo di farvelo vedere

Lo zio Johnny Water

(fatto fuori nella 32esima stagione episodio 27 di “Cuori che affogano”)