All’alba il dolore è stanco
All’alba il dolore è stanco
il corpo si abbandona sulla terra umida.
Lento dalla ferita sorge il sole
mentre la notte ha già preso il largo su una scialuppa
di fortuna.
Forse questa giornata approderà su un colle
e gli uomini si chineranno a raccogliere
frutti di generazioni mandate al sacrificio.
Sono venuto nel tuo paese con il cuore in mano
Espulso dal mio,
Un po’ volontariamente e un po’ per bisogno
Sono venuto,
Siamo venuti per guadagnarci da vivere,
Per salvaguardare la nostra sorte,
Guadagnare il futuro dei nostri figli,
L’avvenire dei nostri anni già stanchi,
Guadagnarci una prosperità
che non ci faccia vergognare,
Il tuo paese non lo conoscevo
E’ un immagine…
Un miraggio, credo, ma senza sole…
Siamo arrivati qui ad informare,
con un canto di follia nella testa…
E già la nostalgia e i frammenti del sogno…
Sopravviviamo tra l’officina
o il cantiere e i pezzi del sogno
Il nostro cibo, la nostra dimora
Dura l’esclusione
Rara la parola rara la mano tesa.
(Tahar Ben Jelloun)
Litania per la sopravvivenza
Per quelle di noi che vivono sul margine
Ritte sull’orlo costante della decisione
Cruciali e sole
Per quelle di noi che non possono lasciarsi andare
Al sogno passeggero della scelta
Che amano sulle soglie mentre vanno e vengono
Nelle ore fra un’alba e l’altra
Guardando dentro e fuori
E prima o poi allo stesso tempo
Cercando un adesso che dia vita
A futuri
Come pane nelle bocche dei nostri figli
Perché i loro sogni non riflettano
La fine dei nostri
Per quelle di noi
Che sono state marchiate dalla paura
Come una ruga leggera al centro delle nostre fronti
Imparando ad aver paura con il latte di nostra madre
Perché con questa arma
Questa illusione di poter essere al sicuro
Quelli dai piedi pesanti speravano di zittirci
Per noi tutte
Questo istante e questo trionfo
Non era previsto che noi sopravvivessimo
E quando il sole sorge abbiamo paura
Che forse non resterà
Quando il sole tramonta abbiamo paura
Che forse non si alzerà domattina
Quando abbiamo la pancia piena abbiamo paura
Dell’indigestione
Quando abbiamo la pancia vuota abbiamo paura
Di non poter mai più mangiare
Quando siamo amate abbiamo paura
Che l’amore svanirà
Quando siamo sole abbiamo paura
Che l’amore non tornerà
E quando parliamo abbiamo paura
Che le nostre parole non verranno udite
O ben accolte
Ma quando stiamo zitte
Anche allora abbiamo paura
(Audre Lorde)
La fine e l’inizio
Dopo ogni guerra
c’è chi deve ripulire.
In fondo un po’ d’ordine
da solo non si fa.
C’è chi deve spingere le macerie
ai bordi delle strade
per far passare
i carri pieni di cadaveri.
C’è chi deve sprofondare
nella melma e nella cenere,
tra le molle dei divani letto,
le schegge di vetro
e gli stracci insanguinati.
C’è chi deve trascinare una trave
per puntellare il muro,
c’è chi deve mettere i vetri alla finestra
e montare la porta sui cardini.
Non e’ fotogenico
e ci vogliono anni.
Tutte le telecamere sono gia’ partite
per un’altra guerra.
Bisogna ricostruire i ponti
e anche le stazioni.
Le maniche saranno a brandelli
a forza di rimboccarle.
C’è chi con la scopa in mano
ricorda ancora com’era.
C’è chi ascolta
annuendo con la testa non mozzata.
Ma presto
gli gireranno intorno altri
che ne saranno annoiati.
C’è chi talvolta
dissotterrerà da sotto un cespuglio
argomenti corrosi dalla ruggine
e li trasporterà sul mucchio dei rifiuti.
Chi sapeva
di che si trattava,
deve far posto a quelli
che ne sanno poco.
E meno di poco.
E infine assolutamente nulla.
Sull’erba che ha ricoperto
le cause e gli effetti,
c’è chi deve starsene disteso
con la spiga tra i denti,
perso a fissare le nuvole.
(Wisława Szymborska)
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