Incontro con la Compagnia Lombardi – Tiezzi di Antigone

Mercoledì 28 febbraio al Teatro Argentina si è tenuto l’incontro con la Compagnia Lombardi – Tiezzi per parlare della loro rilettura di una delle tragedie più conosciute e rappresentate: Antigone di Sofocle.

Quindi com’è l’Antigone di Federico Tiezzi?

Lo spettacolo è ambientato in un obitorio, un non-luogo per eccellenza, luogo di passaggio per i corpi non più vivi ma non ancora sepolti. Un’immagine visivamente molto forte che descrive uno dei temi principali della tragedia, la sepoltura appunto e la contrapposizione tra il corpo di Polinice non più vivo e non ancora sepolto e il corpo di Antigone sepolto vivo.

Il regista ha voluto una nuova traduzione, affidata al filologo Simone Beta, per sentire il testo più vicino alla sua idea di rappresentazione, per spogliare Antigone di quel velo di eroismo che la maggior parte dei registi le vuole attribuire. Protagonista della tragedia non è tanto Antigone quanto lo scontro tra questa e Creonte, tra due personaggi ingabbiati in due diverse ideologie e che per questo non riescono a dialogare. L’ideologia supera l’uomo: la razionalità politica lega Creonte al suo ruolo e la razionalità religiosa di Antigone divora la dolce passionalità con cui storicamente è stata dipinta.

Durante l’incontro è stato sottolineato un passaggio significativo del pensiero di Antigone che qui riporto (dalla traduzione di Franco Ferrari): “Certamente non avrei intrapreso questa audacia sfidando il volere della città né per i figli, né se avessi visto putrefarsi il corpo del mio sposo […]. Se avessi perduto il marito, avrei potuto trovarne un altro e avere da lui un altro figlio; ma ora che mia madre e mio padre giacciono sotto la terra, non potrò più avere un altro fratello”. Questi versi mostrano la base radicale dell’agire di Antigone e indubbiamente un pensiero poco romantico, infatti, non viene data sepoltura a un uomo perché uomo ma perché fratello, perché c’è un legame di sangue insostituibile che detta legge e non un movimento di umanità.

A questo discorso il regista lega la lettura di Pasolini sul mito e la tragedia greca, le parole utilizzate da Pasolini per descrivere la tragedia greca e quindi anche la civiltà greca sono: “società primitiva” dove “dominano sentimenti primordiali, istintivi oscuri […] ma contro tali sentimenti arcaici, si erge la ragione”.

Penso sia chiaro a tutti come un’opera scritta nel V secolo a.C sia figlia di un determinato contesto storico, ma è soprattutto figlia del movimento creativo di un uomo, Sofocle, che dal mio punto di vista ha voluto mettere in scena non la ragione, come scrive Pasolini, ma emozioni umane, pulsioni non primitive ma tempestose che proprio per la loro forza non hanno tempo e continuano ad arrivare ad un pubblico contemporaneo.

Pertanto credo che il riferimento alla lettura pasoliniana sia riduttivo nei confronti della lettura di Tiezzi che al contrario di Pasolini non cancella l’uomo in nome della fredda ragione ma lo esalta lanciandolo sulla scena in questo grande scontro umano di pensieri ed emozioni che è l’Antigone.

Francesca Brunetti