Don Alfonso

Don Alfonso

Kilowatt Festival, giorno uno.
Può sembrare strano parlare di giorno “uno” al terzo giorno di un festival.
Va, infatti, specificata la situazione in cui siamo stati fortunatamente catapultati.
Arrivo a Sansepolcro, incontri introduttivi, spiegazioni, presentazione dello staff e subito ci ritroviamo a casa.
Strano sentirsi a proprio agio in un gruppo così numeroso.
Nemmeno troppo lentamente subito si fa strada un pensiero, purtroppo sempre più raro: sono circondato da esseri sensibili e terribilmente umani.
Pensare che sentivo in cuor mio un bisogno di “distacco” e silenzio.
Ciò che salta subito all’occhio è proprio questo, il pensiero cresce, vibra, suona e appoggiati gli occhiali da sole distrattamente sul calendario del festival (che una ragazza sta sapientemente compilando per tutti noi nuovi arrivati), risuona in un’immagine:
“Diversi perché umani”.
(Certo che in questo periodo rischia di sembrare appena ripetitivo, ma restare umani sembra un’ancora di salvezza)
In un giorno o poco ci ritroviamo catapultati in un meccanismo perfetto, ma accogliente, una sorta di muro di gommapiuma che gentilmente ci accompagna ai primi incontri con critici ed artisti pronti a presentare i propri percorsi artistici e lavorativi.
Umani. L’incontro umano. La comunicazione è forse ciò che ci contraddistingue dagli altri animali, forse più della curiosità, delle mai scritte leggi sociali.
Comunichiamo spesso senza un fine ultimo, solo per pura condivisione, o meglio, per un bisogno di condividere che può essere recepito o meno. Rispettiamo un bisogno umano. Il nostro bisogno.
Questo pensiero nasce da Alfonso, amorevolmente già soprannominato “Don”, a causa della pace e lentezza che lo muovono nei più piccoli gesti. Alfonso innaffia le sue piante con la stessa dolcezza con cui pulisce con l’idropulitrice i pavimenti dell’antico stabile.
Diceva un poeta Torinese (di cui ora mi sfugge il nome, ma non mi avvarrò di google per questo) “Bisognerebbe essere lenti, come un treno in partenza dalla stazione o come delle donne che passeggiando pregano, vivere lenti per non morire davvero” (o qualcosa del genere, forse c’ho messo qualcosa di mio, ma chi può dirlo. Provate a fidarvi e a non prendere il telefono in mano).
Il nostro Don Alfonso ci fa sentire parte del tutto. Di questo luogo che ci ospita, rivelatosi torre del 1200, di cui scopriamo le origini e con esse anche quelle della città.
Restiamo umani, suona ancora nella mia testa.
Da sempre tramandiamo tutto ciò che fa parte del nostro passato, tradizioni e comuni usanze. Additiamo negativamente l’avvento dei social, ma come sempre non è “cosa” ma “come”, ed ecco che un altro atto rivoluzionariamente logico viene compiuto.
La richiesta di condividere l’esperienza di questi giorni in un blog, un cugino di questi demonizzati social-network.
Bene.
Iniziamo a tramandare un’esperienza e non a raccontare se stessi ed affermare i propri pensieri. Condividiamo parti di questo “elettrico” così da trasmettere l’energia che stiamo percependo.
Quindi grazie Don Alfonso.
Il tuo, un gesto necessario per noi e per i noi dopo di noi.

Alessandro Sesti 

DAL 13 AL 21 LUGLIO 2018
KILOWATT FESTIVAL – SANSEPOLCRO (Arezzo)
L’energia della scena contemporanea
DIVERSI PERCHÉ UMANI