GIOVENTÙ BRUCIATA: “L’abisso” di Davide Enia

Quando si è chiamati a testimoniare un’emergenza umanitaria quale quella delle morti in mare aperto e degli sbarchi di profughi dell’isola di Lampedusa è sempre necessaria una più che attenta e dettagliata riflessione sulla natura umana e sulle sue innegabili componenti universali, contro ogni possibile forma di discriminazione.

Appena usciti dalla sala A del Teatro India dopo la visione de L’abisso di Davide Enia, autore-attore del testo vincitore del Premio Ubu 2019 come Migliore nuovo testo italiano, noi tutti ‒ del gruppo di Dominio Pubblico e non solo ‒ ci siamo ritrovati a dover fare i conti con la nostra emotività e sensibilità in parte, ma soprattutto con la nostra coscienza. Prova chiara e tangibile del successo dello spettacolo, non tanto in termini di bellezza, piacevolezza o intensità drammaturgica, ma più per quel che riguarda la responsabilità per così dire testimoniale di cui Enia in primis si è fatto carico. Lo spettacolo altro non è stato, infatti, che una testimonianza di vera e autentica umanità, dove la parola raggiunge e coinvolge tutti noi nella tragica vicenda di Lampedusa.

Attraverso una narrazione costantemente frenetica e convulsa, fatta di gesti e parole, parole e gesti, L’abisso emerge dalle nostre coscienze con immediatezza ed urgenza, e ci richiama tutti a sentire nostro quel senso d’impegno e responsabilità civili troppo spesso accantonato o ancor peggio dimenticato.

Di ritorno dallo spettacolo mi sono poi interrogato sulla sua stessa natura, o meglio sulla scelta da parte di Enia di delegare al teatro un tale compito, rinunciando così ad altre forme di comunicazione convenzionalmente più appropriate ai contenuti della propria testimonianza, prima fra tutte quella dell’inchiesta giornalistica. Mi è sembrato di trovare una parvenza di risposta nell’incontro delle 18:00 precedente allo spettacolo, Lettere dall’Abisso, dove a colpirmi è stata in particolare una frase della giornalista del settimanale Internazionale Annalisa Camilli, una delle poche ma essenziali fonti di Enia per la realizzazione de L’abisso.

Davide Enia, Graziano Graziani e Annalisa Camilli durante l’incontro “Lettere dall’Abisso”

La Camilli ha ad un certo punto affermato, riguardo certe accuse di complottismo troppo spesso scagliate contro i soccorritori in mare, che fra queste la più frequente è quella della messinscena: non è vero che a largo di Lampedusa la situazione sia quella descritta, sono solo frottole inscenate da migrazionisti convinti e poveri di spirito. Ho allora pensato che l’arma più efficace per combattere e contrastare una simile accusa potesse essere proprio quella di proporre il dramma in chiave spettacolare, quasi affermandone la natura finzionale e lanciando a tutti noi un’acuta e coraggiosa provocazione.

Portando così a teatro la tragica vicenda di Lampedusa e facendola divenire parte di un sentire comune e condiviso, Enia raggiunge quanti più tipi di spettatori possibili, soprattutto noi più giovani e meno esperti del mondo, invitandoci a preoccuparci sempre e premurosamente della nostra contemporaneità, in tutta la sua complessità, senza ricorrere ai mezzi francamente poco onesti ed illeciti del disimpegno civile.

Possibile che di tutto ciò debba occuparsene il teatro, arte strutturalmente più vicina all’evasione dell’individuo piuttosto che alla sua presa di coscienza in società? Assolutamente sì: i nostri tempi chiedono sempre più al teatro un cambio di passo e di vocazione, che guardi maggiormente alle sue responsabilità civili e politiche. E così sia.

Matteo Polimanti

L’abisso
tratto da “Appunti per un naufragio” (Sellerio Editore)
uno spettacolo di e con Davide Enia
musiche composte ed eseguite da Giulio Barocchieri
Produzione Accademia Perduta Romagna Teatri, Teatro di Roma – Teatro Nazionale,
Teatro Biondo di Palermo

Martedi 10 dicembre, ore 18:00
“Lettere dall’Abisso: Il gap tra la percezione e la realtà nel racconto delle migrazioni”
Con Annalisa Camilli e Davide Enia
introduce Graziano Graziani
in collaborazione con Dominio Pubblico

Foto intestazione © Teatro di Roma
Foto incontro © Luca Guido
Video e montaggio © Elisa Genna