DPInTour2020: FuoriProgramma Parte 1 / 28-30 Luglio

fuori programma valentina marini

 

Dal 28 al 30 Luglio, nell’Arena del Teatro India, è andata in scena la prima parte del festival Fuori Programma, con la direzione artistica di Valentina Marini. 

Fuori Programma nasce nel 2016 e mette al centro della propria proposta culturale la danza, in un Festival che guarda alla contemporaneità e alla rete. Il festival guarda alla relazione, ponendosi come cerniera tra gli artisti programmati, le loro vocazioni e gli spazi di programmazione nazionali ed europei, e propone uno sguardo sul vasto paesaggio della scena internazionale, raccogliendo una gamma di creazioni, espressione di linguaggi e geografie differenti, per portare in scena durante l’estate capitolina  una sintesi delle più interessanti e recenti produzioni coreografiche. QUI la nostra NON-Intervista a Valentina Marini.

Anche i ragazzi della direzione artistica DP 2020 erano presenti al festival e questi sono i loro racconti sulle tre giornate di Fuori Programma.

28 LUGLIO – Lava Bubbles

Quello andato in scena nell’arena del Teatro India durante la prima giornata del festival Fuori Programma è stato uno spettacolo a dir poco attuale incentrato sulla brevità di ogni nostro atto fino addirittura a poter dire sulla condizione effimera dell’essere umano sulla Terra. Il titolo Lava Bubbles richiama ovviamente ad una condizione magmatica propria del vulcano, più precisamente dell’Etna. Il progetto, a cura di Scenario Pubblico ad opera di Nello Calabrò e Roberto Zappalà, era infatti inserito in un progetto più ampio chiamato Nella città, la danza e pensato per Catania. Riesce poi però a superare la limitazione geografica e quella contestuale propria del vulcano per andare a rappresentare quel ribollio incessante che caratterizza ogni individuo.

Due percussionisti, ancor prima dei danzatori, iniziano a trasportare lo spettatore in una dimensione ancestrale, sicuramente non umana, a metà tra il mondo ctonio e quello puramente dionisiaco. Poi, lentamente, cominciano ad apparire le bolle fatte in carne e ossa, corpi che tramite i loro movimenti cercano di assumere una forma bene precisa, spesso invano e che, come bolle, appaiono e scompaiono, prendono vita così come la perdono scontrandosi.

lava bubbles zappalà

Foto © Andrea Caramelli

Gli spettatori seguono incantati i loro movimenti non riuscendo mai a tenere d’occhio tutta la scena: i danzatori, infatti, non sono rivolti verso la stessa parte del pubblico ma, muovendosi, sfruttano tutto lo spazio. Quello di Lava Bubbles è un’esperienza più che uno spettacolo, un evento che avvolge chi guarda e che cerca di portarlo sul palco. In un certo senso, questo obiettivo viene poi raggiunto proprio quando tutto sembra finito: è in quel momento, quando il vulcano sembra essersi calmato, quando il magma sembra essere diventato latente, la musica cambia e le percussioni lasciano il posto al ritmo frenetico di Stromae.

Sulle note di Alors on danse il magma riprende vita pronto a far vedere in ogni momento la sua potenza: i danzatori scendono tra gli spettatori che diventano parte di questo movimento ancestrale, salgono sul palco e diventano bolle, si muovono forse senza neanche saperne il motivo perché, in realtà, il movimento non è determinato dalla volontà ma da quel terribile e meraviglioso “pneuma”, quel soffio vitale che anima ognuno di noi che trova nella danza e nell’esperienza prima individuale poi collettiva, quella facoltà d’espressione.

Nel periodo che stiamo vivendo dove per diverso tempo le azioni quotidiane non si sono più diversificate ma sono diventate sempre le stesse e dove il corpo ha vissuto in una zona d’ombra, grazie a questi artisti si è compreso che il magma che vive dentro ognuno di noi non si è affievolito ma continua a brillare.

Simone Amabili – Matteo Di Lorenzo

lute le supplici

Foto © Andrea Caramelli

29 LUGLIO – Lute: arrivo delle scintille e dei bagliori in ogni cosa

La seconda giornata del festival Fuori Programma si apre con un imprevisto: l’infortunio di uno dei due danzatori ha portato alla rimodulazione del programma della serata; tolta Ibis Tanz, la prima delle due coreografie previste, la compagnia Le Supplici, nonostante la mancanza di un danzatore, mostra il coraggio e la voglia di esibirsi oltre tutto.

Lo spettacolo si presenta come una danza tribale capace di catturare il pubblico in un’atmosfera carica di curiosità e meraviglia; i movimenti del danzatore, uniti al ritmo della musica, trasmettono serenità e benessere. Alla fine dello spettacolo ci si alza con l’impressione di aver assistito ad un rituale di cui non si comprende la finalità, ma in grado di affascinare con i suoi ritmi e le sue forme armoniose tutti i partecipanti, come persi in un limbo tra il sogno e la realtà.

Matteo Di Lorenzo – Matteo Polimanti

30 LUGLIO – Last Space

Nell’ultima giornata della prima parte del festival Fuori Programma è andato in scena lo spettacolo Last Space, un’opera a cura di Frantics Dance Company.​

last space frantics dance company

Foto © Andrea Caramelli

Nell’arena esterna del Teatro India, al calar del sole, ​il pubblico si è tuffato in un’esperienza profonda di manifestazione corporea. La rappresentazione della mente inconscia, attraverso i ricordi, gli eventi e le storie di cui i ballerini stessi ne sono protagonisti. I movimenti sono lenti e delicati, allungati e sinuosi. I corpi si uniscono in un flusso costante. I ballerini danzano in sinergia ma lasciando spazio all’interpretazione e al movimento personale.

Seguono la musica suonata dal vivo da Andrea Buttafuco, che riempie l’arena donandole un’aria suggestiva. Il ritmo è barocco, i movimenti crescono e si espandono, divenendo esplosivi e dinamici. La ricerca realizzata porta sul palco piu’ discipline quali hip-hop, danza contemporanea e acrobatica. Carlos Aller, Marco Di Nardo e Juan Tirado si divertono, ridono e scherzano. Si scambiano qualche battuta tra lo spagnolo e l’italiano.

L’atto progredisce. Il pubblico si stringe alla propria sedia e segue le linee corporee in movimento. È un manifesto alla vita, alla religione, all’amore e alla morte. Gli occhi incollati alla ricostruzione presentata. Una parentesi rappresentativa della condizione d’esistenza dell’individuo. Mi estraneo dall’ambiente circostante, legata ai soli corpi in movimento e alla musica crescente. Un inno alla vita. Accelera e dipana deteriorando e costruendo in me flussi di pensieri.

E solamente quando la musica si disperde e seguo i passi dei ballerini allontanarsi da centro dell’arena che mi soffermo sui volti, le mani, gli sguardi del pubblico che mi circonda. Un evento che unisce mente e corpo, interprete a spettatore.

Lucrezia Odino – Simone Amabili