DPInTour2020: Short Theatre

È settembre, mese che constata il Capodanno del ‘’ricominciare’’.

In verità noi non ci siamo mai fermati, ma rientrare a Roma dopo qualche giorno sotto l’ombrellone non poteva presentarci presupposto migliore: il ricorrere della quindicesima edizione di Short Theatre.

Il Festival ideato da Francesca Corona e Fabrizio Arcuri ci invita a un potente manifesto d’arte contemporanea e ultragenerazionale. Si sviluppa in una struttura dai linguaggi solidi, ricercati, reinventati, per poi essere distrutti e trasformati. È una continua discussione e contestualizzazione del processo artistico del singolo. Tutto ciò avviene in luoghi suggestivi e informali, quali il palazzo WeGil ed il Mattatoio.

Sono numerosi gli artisti locali e internazionali che hanno dato vita ad un movimento vivo e multiforme che incontra il teatro, le performance, la danza, la musica e i dialoghi. Una spinta verso la vocazione e l’identità dell’artista che si completa nei processi collettivi di un palinsesto poderoso e mai scontato. Progetti e studi che spingono lo spettatore a continue riflessioni e riletture di tematiche attuali. Un profondo apparato volto al dialogo che genera un flusso incessante di fruizione di pensieri e idee.

 

Una maratona di quasi 10 giorni caratterizzata, oltre che da spettacoli di teatro, danza e concerti di musica, da incontri aperti con Panorama Roma, i laboratori di Tempo Libero al Teatro India e i Progetti in Residenza.

Tra questi, Little Fun Palace, progetto di OHT, ha portato una roulette a trasformarsi in luogo di aggregazione e forum aperto per tutta la durata del Festival.

Les Cliniques Dramaturgiques è stato spazio di tempo e lavoro condiviso nella ricerca e nella pratica drammaturgica, a cura di Riccardo Fazi e in collaborazione con cinque drammaturghi internazionali.

Panorama Roma, progetto curato da Fabrizio Arcuri, grazie al quale cinque compagnie hanno avuto l’opportunità di confrontarsi con dei testi internazionali inediti in Italia (dal progetto europeo Fabulamundi Playwriting Europe) restituendoli al pubblico in modalità di prova aperta. Il Teatro 2 della Pelanda si è trasformato in un vero e proprio laboratorio di ricerca aperto a tutti i curiosi che volessero assistere in prima persona ad un processo creativo, sedendosi a teatro senza aspettarsi uno spettacolo già ‘’confezionato’’, ma disposti a lasciarsi travolgere dagli interrogativi alla base dello spettacolo stesso. Una prova aperta durante la quale gli artisti si sono mostrati senza filtri agli spettatori ed hanno ‘’cercato e creato’’ davanti ai loro occhi.

Questa modalità di fruizione ci ha permesso sia di incontrare testi europei che fuori da un contesto del genere probabilmente non avremmo avuto modo di conoscere (nello specifico abbiamo assistito al lavoro di Manuela Cherubini e Luisa Merloni sul testo olandese L’eurocommissario; a quello di lacasadargilla e Emiliano Masala sul testo islandese I mangiatori di patate’; e al testo portoghese ‘’Sacra Famiglia sul quale ha lavorato Veronica Cruciani; sia di osservare e confrontare le differenti modalità di intervento di ciascun regista e di ciascuna compagnia su testi diversi e per provenienza e per tematiche trattate; e inoltre di sentirci, grazie anche alla possibilità di intervento con domande, curiosità, suggerimenti, parte attiva di un processo.

Filo conduttore di tutto il Festival è stata proprio questa capacità di abbattere le barriere tra spettatore e spettacolo, tra palco e platea, interpellando direttamente il pubblico e facendolo sentire parte integrante di un mosaico più ampio.

 

Con le sue mille attività, le sue mille facce, gli spettacoli, i colori, i suoni, la diversità di linguaggi, il Festival è stata un’oasi di condivisione, sottratta al tempo quotidiano e alla frenesia del mondo esterno che a volte lascia poco spazio alla riflessione e alla ricerca. È stato un Festival ibrido, giovane e fresco che con un po’ di disinfettante, mascherine e qualche accortezza per il distanziamento, ha saputo rispondere molto bene alla necessità di ritrovarsi e di condividere esperienze in un momento particolare come quello che stiamo vivendo.

Clara Lolletti – Lucrezia Odino

Foto © Luca Guido