Purtroppo i lavori di MA®T 2020 sono stati al momento sospesi. Non sappiamo ancora quanto dovremo aspettare prima di poter vedere i dodici artisti di quest’edizione scendere in strada e cominciare a realizzare le loro opere nel quartiere di Tre Fontane Nord. Noi però ci teniamo a presentarveli lo stesso! In queste ultime settimane alcuni di noi hanno avuto modo, seppur a distanza, di dialogare con loro e conoscere meglio la loro arte. Ecco allora le presentazioni, ad opera dei nostri ragazzi, dei prime cinque artisti di MA®T 2020!
_____
Alessandra Carloni nasce a Roma. Sin da piccola coltiva una forte passione per l’illustrazione e il fumetto, che la porteranno da grande a realizzare dipinti fantasiosi e onirici, attraverso uno stile che diverrà il suo marchio di fabbrica. Parlando con lei mi rendo conto di quanto il mondo dell’infanzia, in particolare la passione per il manga giapponese, sia subentrato nella sua vita artistica. Se mi soffermo per un attimo sui suoi lavori mi rendo conto che mi portano in un mondo magico, fatto di navi sospese, universi naturali da favola e molto altro. Ma parlando con lei si capisce che attraverso questo tipo di arte lei racconta di sé, dei suoi sogni, delle sue paure, dei suoi desideri. Il suo è un lavoro che indaga l’interiorità, e che porta con sé dei messaggi che ognuno di noi è libero di interpretare come vuole. Purtroppo stiamo vivendo un periodo difficile, in cui anche e soprattutto noi giovani ci siamo trovati a dover prendere delle scelte e a comportarci da adulti per affrontare tutto questo. Alessandra mi ha ricordato che non fa male fermarsi per un attimo per ritrovare il fanciullino che è in me, visto che troppo spesso mi dimentico di lui. E la sua pittura è un modo straordinario per farlo.
Sheila Mirabile
_____
“Da piccolo è stato morso da un nokia 3210 mentre leggeva un libro su Seurat, ed ora vede il mondo a pixel. Da allora cerca di riprodurre fedelmente le immagini come le vede, rimanendo ogni volta affascinato dal risultato che si ottiene da una serie di semplici quadratini. Le sue opere sono altamente consigliabili ai miopi e funzionano meglio se viste da una certa distanza. In alternativa si consiglia di stringere gli occhi.”
Così si presenta Arcadio Pinto in arte Krayon nella sua pagina Facebook. Capisco fin dai primi minuti di dialogo che si tratti di una grande personalità del mondo della street art. Inizia a parlarmi di quando, prima dell’università, andava in giro per l’Italia a mostrare l’album con i propri disegni come fossero figurine, per farli conoscere a quanta più gente possibile. Durante l’università mi dice di essersi poi preso un periodo di pausa concentrandosi sul disegno grafico, ma dopo un po’ di tempo sente l’esigenza di esprimersi e di riprendere in mano carta e matita; da quel momento nasce il Krayon che oggi conosciamo, il cui stile è un mix tra digitale e manuale, reale e surreale, antico e moderno.
Gli chiedo poi di spiegare il processo che lo porta all’opera finita e comincia a parlare di sue specifiche unità di misura, di equilibrio tra distanza con cui l’opera va guardata e densità dell’immagine, di rapporto tra le misure reali e la quantità dei suoi pixel, di quelle che lui stesso definisce “reti metalliche”… Parliamo infine del progetto MA®T, di come è bello ed importante ritrovarsi tutti insieme per dare forma a qualcosa che resterà nel tempo e che arricchirà la città. Oltre ad essere un artista estremamente paziente e maniacale, quella di Krayon è anche una personalità molto professionale: per scegliere il soggetto dell’opera ha fatto molte ricerche e si è informato il più possibile sul posto, non voleva creare un’opera autoreferenziale e senza un significato profondo che fosse connesso al contesto che l’avrebbe ospitata. Non vedo l’ora di vederla realizzata!
Ambra Innocenti
_____
“Era l’unico modo che avevo da bambino per esprimermi”, è così che mi risponde Luigi Mario Sella, in arte Orgh, alla domanda su come sia nata la passione per il writing. Si capisce che è nato tutto un po’ per caso, ma che proprio grazie al caso è nato questo amore. È evidente che per lui lavorare da solo, in posti logorati dal tempo, sia un’esperienza più intensa, più personale, dove è libero di esprimere tutto quello che sente, al cento per cento. Riscontro con grande dispiacere che molto spesso il writing viene visto solo come atto vandalico. Mi colpisce in maniera positiva ad un certo punto una frase di Luigi in cui afferma che quello che sta portando avanti è un lavoro sul paesaggio urbano, in cui il paesaggio urbano stesso diventa graffito e il graffito diventa paesaggio urbano. Il suo obiettivo è portare la gente a pensare che i graffiti siano una cosa buona, perché non si può togliere ai ragazzi la possibilità di esprimersi artisticamente in questa maniera.
Sheila Mirabile
_____
Intervistare Alice Pasquini non è stato semplice. Ha le idee molto chiare, è abituata a rispondere a domande sul suo lavoro da anni e non aveva molto tempo da concederci. Ma io ero pronto. Spinto dall’ entusiasmo legato alla possibilità di conoscerla, questa mezz’ora di intervista mi è sembrata volare.
Abbiamo parlato della sua storia personale, del suo unico e riconoscibilissimo modo di dipingere e dei progetti passati e presenti. Ci ha sollecitato riflessioni su temi come “le potenzialità di rigenerazione che ha l’arte per luoghi e comunità” o “la necessità che le artiste inizino a rappresentare le donne senza usare immagini stereotipate in cui il pubblico femminile difficilmente può rivedersi”. Mi fa piacere sottolineare in queste poche righe il bellissimo racconto che ci ha concesso sul festival CVTA Street Fest, essendo io molisano e avendo visitato il paese in cui si tiene, Civitacampomarano, proprio grazie a questa iniziativa. Sono rimasto emozionato ed arricchito da questo confronto e sono sicuro che la sua presenza a MA®T renderà l’intero progetto ancora più impattante per tutti noi!
Simone Amoruso
_____
Jerico è, prima di tutto, un pittore. Dipinge perché è guidato da una ricerca intellettuale che lo porta a porsi delle domande alle quali, dice, forse non c’è risposta. Con l’evolversi della sua ricerca, la sua pittura cambia continuamente, cambiano le forme che rappresenta e aumenta sempre di più la forza emotiva che i suoi dipinti trasmettono. Jerico sperimenta, osserva, decostruisce con gli occhi, cerca la bellezza. Poi trasporta la sua ricerca dalla tela, dal suo studio disordinato, dall’arte “per pochi”, alle enormi pareti che la strada offre. Quando dipinge i suoi muri, Jerico sente la libertà; la sua arte sui palazzi diventa visibile a chiunque e chiunque può viverla: chi la commissiona, chi la realizza con lui, chi passa per caso per strada e si ferma ad osservarla.
I suoi girasoli gialli per MA®T, mi fanno pensare a uno dei soggetti preferiti della pittura di Vincent Van Gogh. Non a caso, quando gli chiedo se ci sono pittori che lo hanno influenzato nella sua ricerca, cita, tra i tanti, proprio il pittore olandese, al quale Jerico si ispira nei suoi lavori, per la ricerca di un forte impatto emotivo. Il cantiere di MA®T sarà l’occasione per vedere l’ultimo punto di approdo della sua ricerca.
Chiara Santarnecchi
_____
Vi hanno incuriosito le nostre presentazioni? Se sì, continuate la lettura nel secondo articolo dedicato. Ecco il link: http://www.dominiopubblicoteatro.it/2020/12/11/mat-2020-gli-artisti-seconda-parte/ .