#YOUNGBOARD – oltre #TdRonline. Scienza e fantascienza dal Valle: Dominio Pubblico incontra Manuela Cherubini e Elisa Casseri

Di solito mi affido – si fa per dire – all’Atac per muovermi in questa città. Stavolta però, per arrivare al Teatro Valle in orario ho preferito privarmi dei mezzi pubblici. A fianco a me c’era la mia compagna di avventure Alice, che ha gentilmente messo a disposizione la sua Fiat 500 grigia. Era il 22 Gennaio e Roma, incredibile ma vero, era ancora in zona gialla. Dopo aver trovato parcheggio in Via Nazionale, ci siamo incamminati sotto un triste cielo grigio color marciapiede, e con un lievissimo ritardo abbiamo raggiunto Ambra, Cecilia, Valentina e Matteo, che ci stavano aspettando proprio davanti al Valle.

L’incontro rispetto ai precedenti è stato più breve, in quanto al nostro arrivo la registrazione de Il Polo dell’inaccessibilità, terza e ultima stanza del Trittico delle stanze, radiodramma tratto dall’omonima opera di Elisa Casseri per la regia di Manuela Cherubini, era già stata definitivamente ultimata. Per fortuna, nonostante il nostro arrivo “a stanza già arredata”, siamo stati deliziati con una sorta di bis: l’intera troupe ci ha voluti omaggiare recitando un’intera scena del testo. Cecilia e Alice hanno allora tirato subito fuori le proprie macchine fotografiche e hanno cominciato a riprendere gli attori mentre recitavano. Noi altri ci siamo limitati a fare da spettatori – che di questi tempi non è poco! – oltre a scattare qualche foto.

 

Scrosci di applausi a seguire, tanto la registrazione ormai era finita, potevamo anche fare un po’ di casino! Gli attori cominciano a salutarsi e ringraziarsi a vicenda, scherzano e giocano per festeggiare la fine del lavoro. Se ne vanno tutti, rimane in sala, dopo essersi per un attimo assentata, soltanto Manuela Cherubini, con alla sua destra una ragazza che si avvicina anche lei verso di noi. Si siedono davanti a noi e:

– Bene ragazzi, di che vogliamo parlare stavolta? A proposito vi presento Elisa Casseri, l’autrice del testo, che oggi è venuta a trovarci. Cominciamo?

 

Walter Altamirano: Cominciamo! Ci troviamo qui per parlare dell’ultima stanza del Trittico. Iniziamo parlando delle dinamiche familiari, che anche in questa terza stanza si presentano come complicate. Abbiamo dei componenti del nucleo familiare che tendono ad allontanarsi tra di loro, facendo fatica a comunicare e arrivando così al polo dell’inaccessibilità, un punto che viene definito di non ritorno, raggiunto il quale è compromesso qualsiasi tentativo di comunicazione. Qual è il monito che questa terza stanza vuole lanciare agli ascoltatori?

Manuela Cherubini: Questa la passo ad Elisa. (sorride)

Elisa Casseri: Non si tratta di lanciare un monito, ma di indicare un movimento. Nei rapporti interpersonali, in questo caso familiari, l’idea è che si debba sempre trovare un equilibrio, di solito abbastanza sghembo, tra l’allontanarsi e lo stare vicini. In questo senso il testo parla di materia ed energia oscure, perché, semplificando, la materia oscura è, come tutte le materie presenti nell’universo, un aggregante, mentre l’energia oscura è quella che, si suppone, tende ad allontanare. La geografia emotiva dei rapporti di questa famiglia, ma in generale di tutti i rapporti, si gioca tutta sulla capacità di ognuno di stare vicino o lontano dai propri cari.

Manuela: Difatti il polo dell’inaccessibilità, in ambito geografico, è, preso un punto di riferimento, il luogo situato alla massima distanza dallo stesso. Nel suo testo Elisa ha scelto di riferirsi al polo dell’inaccessibilità oceanico, e cioè il punto dell’oceano più lontano da qualsiasi superficie emersa. Un altro importante riferimento scientifico nel testo è quello alla cosiddetta lente gravitazionale, o ancora meglio al modello Lamba-CDM (Cold Dark Matter), modello che esemplifica la visione più condivisa dagli astrofisici di come dovrebbe essere costituito il nostro universo: un 4% di materia visibile, che corrisponde a tutto quello che noi vediamo, agli oggetti da cui siamo circondati, e un 28% di materia oscura, cioè l’aggregante di cui parlava prima Elisa, che noi non vediamo direttamente ma le cui reazioni nei confronti della luce e della materia riusciamo a percepire. Il rimanente 68% non sappiamo cosa sia, lo chiamiamo energia oscura ed è quella che, secondo l’interpretazione corrente, giustifica il fenomeno di continua espansione dell’universo, che si va sempre più raffreddando e dilatando, aumentando le distanze.

Elisa: Un po’ quel che accade nelle famiglie…

Manuela: Esatto, c’è una forza attrattiva e allo stesso tempo una forza disgregante.

Walter: Saremmo curiosi di sapere qual è il messaggio che Pietro, il protagonista di questa stanza, ha sempre cercato di far arrivare alla sua famiglia. E cosa invece la famiglia non è stata in grado di fare per comunicare con Pietro?

Elisa: Non so se possiamo parlare veramente di un messaggio. Pietro è un artista, un fotografo per la precisione, quindi nella vita è stato un osservatore della realtà. Ha utilizzato la sua maniera di comunicare per raccontare quello che vedeva, e come può capitare molto spesso agli artisti, quelli che sono i rapporti fondanti di una società, cioè i rapporti con la famiglia, sono andati complicandosi. Lui non voleva tanto comunicare con gli altri, quanto esprimere sé stesso attraverso la propria arte. Non so nemmeno se c’è qualcosa che la sua famiglia potesse fare per riavvicinarlo, perché, come ragionavamo prima con le attrici, è un testo che parla anche di cosa sia l’amore, e nessuno di noi lo sa fino in fondo. Sappiamo però che delle volte amiamo anche persone con le quali non riusciamo a comunicare, amiamo cose che non riusciamo a capire.

Walter: Un tema, anzi, un sentimento che sembra ritornare nelle tre stanze è la paura. Come cambia per ogni personaggio?

Elisa: C’è una fondamentale paura, da parte di ogni personaggio, di non capire sé stesso, di non sapere riconoscersi. Ogni stanza è la rappresentazione fisica e concreta di quel che accade nella mente di ogni personaggio, e in questo senso la paura è fondamentale perché ognuno di loro teme, rinchiuso nella propria stanza, di non capire sé stesso e gli altri, e di conseguenza di non essere compreso. Ha tutto a che fare con la coscienza del sé, con la coscienza di quello che siamo o che vorremmo essere.

Manuela: Aggiungerei anche che nel testo è presente la paura di essere, oltre che non compresi, anche fraintesi, male interpretati. Proprio a causa delle distanze di cui parlavamo prima, si va compulsivamente a produrre una visione falsa e consolatoria dell’altro da sé, che riempie i vuoti creati dall’assenza.

 

Elisa: Non a caso in ognuno dei testi c’è almeno un personaggio che cerca di dare una lettura scientifica dell’emotività: Pietro in questa ultima stanza, Anna nella prima, nella seconda è il padre, che però sentiamo attraverso la voce di Olga. C’è il tentativo di dare un senso e una lettura alle cose con gli strumenti che si hanno, e se i tuoi strumenti sono scientifici finisci che cerchi di fare una sorta di scienza dell’emotività, o di costruire una coscienza del mondo emotivo attraverso quello materiale.

Walter: Questa indagine scientifica che viene messa in atto dai vari personaggi porta poi effettivamente ad accettare e comprendere le esperienze vissute, o è l’ennesima scusa per continuare a scappare e non affrontare i propri problemi?

Elisa: In questo caso la scienza non li porta da nessuna parte.

Manuela: Non esistono metodi o approcci che ti portino da qualche parte, o almeno non li hanno ancora scoperti (ridono). Quello scientifico ha i suoi limiti, perché ad avere limiti siamo noi esseri umani in primis. Quello emotivo-psicologico ha infatti gli stessi identici limiti… Mi fa sorridere questa cosa perché si pensa spesso che l’approccio e il metodo scientifico non abbiano o non contengano una buona dose di emotività. Delle volte è un errore che gli stessi scienziati commettono. Infatti alcuni dei personaggi dell’opera, come per esempio il figlio di Pietro o Anna, si scontrano contro la malriposta convinzione di possedere tutti gli strumenti necessari per organizzare la propria vita. Invece la vita è composta da quel 68% di materia oscura, più quel 28% che non vediamo e che non riusciamo a identificare, mentre il rimanente 4% ci è utile fino a un certo punto e non porta mai a una soluzione. La vicenda umana è questa, io credo che tutta l’arte nasca dal bisogno di raccontare questa insufficienza.

Walter: Su questo punto mi nasce spontanea una domanda. In che maniera, secondo voi, la scienza può aiutare l’uomo a relazionarsi con la propria emotività?

Manuela: Devo dire che a me aiuta un sacco, quando soffro di qualche problema di salute ad esempio… però questa è una cosa molto soggettiva. Io ho bisogno di sapere tutto, mi studio tutta l’enciclopedia medica su quell’argomento. Mi tranquillizza il fatto di dare un nome alle cose di cui ho paura, però non credo che sia un comportamento comune a tutti. Ci sono invece altre persone che non vogliono dare un nome a ciò che più le terrorizza. Mi viene da dire che l’essere umano quando dà un nome a una cosa si sente più a posto con sé stesso. Quando questo non gli riesce, sicuramente rimane quell’inquietudine di fondo.

 

Elisa: Per me è una domanda molto complessa. La scienza è ormai diventata un filtro attraverso il quale guardo il mondo. Non c’è quasi niente di scientifico che non mi faccia venire in mente qualche cosa di emotivo, e questo non credo che risolva, anzi, penso che complichi quella che è la mia visione del mondo. Non credo di saper rispondere alla domanda (sorride).

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Confrontarci con Elisa e Manuela è stato, anche questa volta, molto bello e illuminante. Speriamo di reincontrarle presto dal vivo, e nel mentre non vediamo l’ora di ascoltare, o meglio, di entrare nelle stanze del loro Trittico.

Walter Altamirano

Foto ©  Ambra Innocenti

Il polo dell’inaccessibilità
regia: Manuela Cherubini
disegno sonoro: Graziano Lella
testo: “Il polo dell’inaccessibilità” di Elisa Casseri
interpreti: Alessandra Di Lernia, Sylvia Milton, Laura Riccioli, Simonetta Solder, Gabriele Zecchiaroli
Podcast scientifico: Dott.ssa Barbara Negri
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