#Youngboard – oltre #TdRonline. Scienza e fantascienza dal Valle: Dominio Pubblico incontra Duilio Paciello

26 gennaio. Sono in autobus, sfoglio il mio quadernetto degli appunti con le domande scritte sopra. Tra pochi minuti io, Alice, Clara, Luca e Rosario, in veste ufficiale di troopers di Dominio Pubblico, assisteremo ad una registrazione radiofonica tratta da Il mondo nuovo di Aldous Huxley. Sto quindi rileggendo quello che abbiamo pensato di chiedere al regista Duilio Paciello e ai suoi attori Chiara David, Cosimo Frascella, Massimo Odierna, Paola Senatore, Gabriele Zecchiaroni, impegnati nella trasposizione in radiodramma di un testo così impegnativo per il ciclo Scienza e Fantascienza dal Valle.

Avvolta dal mio immenso cappotto ripeto più volte le domande e rifletto sul romanzo con cui gli artisti hanno deciso di misurarsi. Non ho mai letto Il mondo nuovo ma sicuramente dopo questa occasione rimedierò. Dalle note di regia ho ritrovato delle similitudini con un altro romanzo fantascientifico, che invece ho letto: 1984 di George Orwell. Anche in questo caso si tratta di una distopia: in entrambe le storie una popolazione è controllata da “qualcuno” o “qualcosa” che regola e decide ogni aspetto della vita, anche le cose più intime. In questi due mondi non esiste arte e si cerca di cancellare tutte le forme di emozione, perché considerate superflue o addirittura nocive al progresso morale e scientifico della società.

 

La descrizione di questo mondo nuovo mi ha affascinato molto di più rispetto all’Oceania orwelliana: ho trovato che Huxley, per assurdo s’intende, abbia descritto il mondo di oggi, o perlomeno ne abbia intuito alcune caratteristiche. Certo, nessuno oggi ci controlla, le emozioni non vengono considerate negativamente, ma la continua e costante ricerca da parte dell’uomo di qualcosa da cui essere assuefatto, che lo faccia cioè evadere dalla realtà, penso sia un tema che ci riguardi. Spesso mi trovo a credere che in questo mondo siamo tutti assuefatti da una droga, che sia questa la tecnologia, il cibo, il giudizio degli altri, e così via. Tutti noi abbiamo bisogno di assuefazione per andare avanti e non sprofondare nel buco nero della vita. Ma a questo punto mi viene in mente una domanda: quindi noi viviamo veramente? O quella che chiamiamo “vita” non è altro che un insieme di bisogni che ci appagano o ci deludono? Cos’è la vita allora?

Il filo dei miei pensieri è interrotto dalla notifica del telefono che mi dice “scendi alla prossima fermata”. Schiaccio il bottone rosso e riprendo la lettura delle domande: devo essere preparata, così magari riesco pure a non balbettare nonostante l’ansia.

Venti minuti dopo siamo dentro il Teatro Valle, al caldo – incredibile ma vero – con l’obiettivo di assistere alle prove di registrazione e documentare tutto. La luce soffusa del teatro crea un’atmosfera intima, sembra di stare al di fuori dal mondo, come se il tempo si fosse fermato. Siamo dentro una bolla di velluto rosso.

Improvvisamente nella platea cala il silenzio. Noi, che prima commentavamo e facevamo foto aggirandoci un po’ ovunque, ci blocchiamo e stiamo attenti a cosa succede: gli attori sono pronti a registrare. Mentre recitano visualizziamo proprio davanti a noi la scena che raccontano, come se stessimo assistendo ad uno spettacolo vero e proprio… E invece loro stanno fermi.

Finite le registrazioni gli attori ci guardano.
– Possiamo cominciare con le domande – ci dice Paciello, allora ci mettiamo subito a montare la nostra attrezzatura e li facciamo sedere davanti a noi. Pronti? Io sicuramente no, ma cominciamo lo stesso.

 

 

Ambra Innocenti: È stato difficile trasporre in radiodramma il romanzo di Huxley? All’inizio era pensato come rappresentazione dal vivo o è stato subito scritto per la radio?

Duilio Paciello: Questo lavoro è nato da una residenza artistica al Teatro Torlonia, è lì che un componente della compagnia ha avuto l’idea di trasporre il romanzo di Huxley in uno spettacolo dal vivo. Nasce dunque come spettacolo di prosa, poi per esigenze spaziali si è trasformato in spettacolo itinerante al parco di Villa Torlonia e successivamente abbiamo voluto inserirci in questo podcast e trasformarlo in radiodramma. La “trasformazione” non è stata semplice, perché a causa del copyright non avevo abbastanza margine per stravolgere eccessivamente il testo, come invece avrei voluto. Quindi tecnicamente è una breve lettura, un collage che dà un’infarinatura del romanzo.

A.I.: Il mondo nuovo è stato scritto più di dieci anni prima di 1984 di Orwell. Confrontando le due distopie abbiamo notato una relazione più stretta tra il romanzo di Huxley e il nostro presente, a differenza di 1984, la cui realtà a noi occidentali può sembrare oggi più distante. Voi come la pensate? È questo il motivo per cui avete scelto il romanzo?

 

Paciello: Anche io ho notato questa differenza: secondo me, dal punto di vista etico, siamo già nel mondo di Huxley. Rispetto ad Orwell il suo racconto mi sembra più vicino alle reali conseguenze a cui il progresso scientifico ci sta portando, che per Huxley assumono una connotazione negativa. Riflettendo più a fondo sul romanzo però, mi sono fatto queste domande: quanto realmente è negativo questo famigerato progresso scientifico? Quanto possiamo definirlo sbagliato, anche per come l’aveva immaginato Huxley? Per esempio, l’eliminazione delle malattie, l’ossessione della vita eterna o il tentativo di eliminazione dei virus, che è quello che stiamo vivendo adesso, sono cose così negative? O al contrario sono tutti obiettivi giusti da perseguire?
Abbiamo scelto Il mondo nuovo per questo motivo: non per fornire giudizi di merito sul nostro presente, ma per mettere il pubblico in una condizione attiva e spronarlo a farsi domande e ragionare insieme a noi. È giusta la direzione che stiamo prendendo? Perché? Perché no? Queste sono le domande che poniamo. Speriamo anche di riuscire a far arrivare alcuni quesiti sull’arte, in questo periodo più volte ritenuta superflua. Chi decide quali sono i beni di prima necessità? Siamo così sicuri che possiamo fare a meno dell’arte?

A:I.: Riguardo a questo, nelle note di regia scrivete “L’arte non deve parlare di arte”…

Paciello: Sì, è una mia critica: ho sempre più l’impressione di vedere l’arte nel tentativo di raccontare sé stessa. Non si preoccupa più di provocare la società, è divenuta autoreferenziale. Vedo sempre più spesso spettacoli sul perché gli artisti abbiano determinate difficoltà nel loro campo, portando l’attenzione verso loro stessi e non verso il resto della società.

A.I.: Secondo voi il recente approccio allo streaming potrebbe essere un modo per risollevare il teatro e l’arte in generale? Potrebbe nascere una nuova arte o un nuovo modo di vederla e viverla?

Paciello
: Non lo so. Questa situazione è nuova per tutti, io credo che in periodi eccezionali come questo, gli artisti debbano sempre mettersi nella condizione di reinventarsi. Non so se lo streaming e la digitalizzazione dell’arte performativa possano essere un’occasione per farlo, ma dobbiamo quantomeno provarci.

Cosimo Frascella: Io sono ottimista e credo che, mentre prima che arrivasse la pandemia ci trovavamo davvero nel Mondo nuovo, perché era preponderante la necessità di comprare, consumare e assimilare cose senza nemmeno rendercene conto, senza porci delle domande, oggi dopo il notevole stop imposto dal virus abbiamo tutti riscoperto cosa è il silenzio, cosa vuol dire fermarsi a riflettere. Quest’esperienza ci aiuterà a trovare nuove soluzioni.

A.I.: Una domanda riguardo il Soma, la droga di cui nessuno può fare a meno nel romanzo di Huxley. In questo momento storico, questa droga che serve ad estraniarsi dalla realtà può essere associata ai social media?

Paciello: Purtroppo in questo periodo storico l’uomo sta inesorabilmente sprofondando nella sua stessa immagine. Mi sembra che stiamo andando in una direzione in cui il Soma, e cioè la volontà di raggiungere artificialmente la felicità, altro non è per noi che la tecnologia ricreativa, e la continua esposizione della nostra immagine da questa prevista.

A.I.: È la prima volta che lavorate ad un radiodramma? Cosa è cambiato rispetto alla recitazione sul palcoscenico?

Chiara David: Sì, per me è stata la prima volta. Ho partecipato a progetti come attrice e doppiatrice e oserei dire che la radio è una via di mezzo tra questi due mondi. Nella recitazione teatrale sfrutti tutti i mezzi a tua disposizione, nel doppiaggio “presti” la tua voce a qualcuno, quindi hai meno libertà autoriale, nel radiodramma invece presti la voce al personaggio che tu stessa interpreti. È un lavoro a metà via, perché devi ricercare comunque qualcosa dentro di te, ma questo qualcosa si esprime solo attraverso la voce.

 

 

Gabriele Zecchiaroli: Il radiodramma è un’ottima palestra per rendere un testo tridimensionale. Pur rimanendo immobile devi comunque fare in modo che le parole si alzino dal foglio, che è proprio quello che uno si aspetta mentre ascolta un radiodramma: sentire e percepire ciò che qualcun altro racconta. È una fantastica possibilità.
A.I.: Un’ultimissima domanda su una vicenda molto complessa: ho letto un po’ di tempo fa che c’è uno scienziato, Peter Scott Morgan, che è malato di SLA e per aumentare le proprie aspettative di vita sta progettando un computer per diventare il primo cyborg al mondo. Che ne pensate?

C.D.: C’è una differenza tra il voler curare le malattie, dare una dignità alla vita per un periodo un po’ più lungo, e l’evitare la morte, che invece è assurdo. Forse una simile evenienza ci porterebbe al Mondo nuovo.
D.P.: È difficile dare una risposta ed ancora più difficile prendere una posizione, perché un conto è la ricerca scientifica per salvare delle vite umane, e un altro è quella per eliminare le rughe dal viso all’ennesima potenza… Quanto è giusto? Cosa è o non è etico? Ciò che manca a mio parere è l’unione tra arte e scienza: l’arte deve aiutare gli scienziati a porsi le giuste domande. Il progresso scientifico fine a sé stesso in direzione dell’onnipotenza non so quanto sia etico e giusto. È molto difficile prendere una decisione, però mi piace l’idea, da artista, di sottoporre questo problema alla società e a tutti coloro che ne fanno parte.

C.F.: Su questo sono d’accordo, se la scienza cominciasse a viaggiare a braccetto con l’arte la qualità delle ricerche aumenterebbe. L’arte può insegnare alla scienza che l’essere umano ha un valore, e la scienza può aiutare l’arte ad evolversi costantemente.

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E con questa riflessione concludiamo la lunga intervista. Usciamo dal teatro stremati e pieni di domande senza risposta, ma va bene così: è ciò che deve fare l’arte. Non ci resta che ascoltare questo avveniristico radiodramma e sperare che prima o poi le risposte arrivino. Nel frattempo, buon Mondo nuovo a tutti voi!

Ambra Innocenti

Foto © Luca Guido

Il mondo nuovo
regia: Duilio Paciello
sound designer: Angelo Elle
con la collaborazione di Flavio Francucci
testo: “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley
traduzione: Lorenzo Gigli e Luciano Bianciardi, Oscar Mondadori, 2014
interpreti: Chiara David, Cosimo Frascella, Massimo Odierna, Paola Senatore, Gabriele Zecchiaroli
Illustrazione di Francesca Garofalo
Podcast scientifico: Agnese Codignola
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