Ph. Claudia Pajewski
In Molto rumore per nulla, ovvero tante pene per una cosetta da niente (andato in scena il 18 ottobre al Teatro Torlonia) il regista Tommaso Capodanno offre un originale adattamento dell’opera di William Shakespeare, caratterizzato da un vivace e dinamico impianto interpretativo messo in risalto dalle novità introdotte nella traduzione ad opera dello stesso regista e di Matilde D’Accardi, autrice e drammaturga, e nello stile fresco e sorprendentemente attuale della rappresentazione.
L’opera presenta un carattere corale amplificato dall’effervescente disinvoltura delle performance attoriali e da un’atmosfera giocosa ed esuberante messa in evidenza da scelte estetiche e tecniche non convenzionali (i continui richiami all’estate nei costumi accompagnati da musiche di tendenza). Ciò che contribuisce inoltre a rendere questo adattamento interessante è il coinvolgimento del pubblico nello svolgersi degli eventi, soluzione questa che grazie all’uso sapiente degli spazi interni del teatro rompe l’assetto tradizionale incentrato sulla distanza spaziale tra pubblico e interpreti, puntando deliberatamente sull’effetto prodotto dalla vicinanza costante con la platea.
Al centro della storia vi è un intrico di passioni, malelingue, atteggiamenti sarcastici e pungenti controversie che invitano lo spettatore a guardare al di là di quel reticolo caotico ed ingarbugliato che si viene progressivamente a creare a scapito della storia d’amore tra i protagonisti sbocciata durante il primo atto: l’amore tra Claudio (Nicolò Ayroldi) ed Ero (Arianna Serrano), la figlia di Leonata (Irene Ciani), viene osteggiato tramite riprovevoli sotterfugi architettati dal perfido Don Giovanni (Giuseppe Benvegna), deciso a “disonorare” agli occhi altrui la giovane e a creare scompiglio nella vita sentimentale dei due innamorati.
Stando alle parole del registra rilasciate durante la presentazione dello spettacolo, il contenuto dell’opera fa leva proprio sul termine nulla, ossia il “nothing” che viene riportato nel titolo originale: in questa versione, Tommaso Capodanno e Matilde D’Accardi hanno voluto declinare il significato della parola sul modo con il quale entriamo in relazione con il prossimo. Il “nulla” qui inteso ha a che fare con la possibilità di riuscire ad entrare in contatto con la sfera intima e personale del nostro interlocutore. Nel corso della rappresentazione vediamo due dei personaggi principali come Beatrice (Chiara Davolio) e Benedetto (Francesco Maruccia) vivere un tipo di rapporto inizialmente fatto si schermaglie e battibecchi, con molte allusioni e riferimenti pungenti alla dimensione sessuale. I due arriveranno, tuttavia, a mettere da parte gli attriti confessandosi una volta per tutte il loro amore: qui risiede uno dei punti cruciali della rappresentazione, dato che essi riescono ad incontrarsi reciprocamente nell’intimità della propria sfera emotiva estraniandosi per un momento dal contesto della narrazione dominato dall’incessante accavallarsi di calunnie e dicerie. La domanda “E tu come stai?” formulata da Benedetto rivolgendosi a Beatrice sta ad indicare il passare dalla rumorosità delle parole, sulle quali si sono giocate le vicende della storia, a questo “nulla” che rivela una parte autentica dei protagonisti.
Massimo Fabbri