Un curioso accidente

Ph. Tommaso Le Pera

Un curioso accidente

Chi almeno una volta nella vita non si è chiesto cosa si provi a stare sul palcoscenico di un teatro? Chi non è stato incuriosito dall’atmosfera delle quinte o da quella che si crea quando lo spettacolo ha inizio? Chi non ha mai sognato di prendere il posto degli attori, o perché no, di recitare con loro invece di essere ‘’bloccati’’ nella staticità della platea, abbattendo quella barriera dell’immaginario comune che vede gli attori e il pubblico vivere in due dimensioni diverse? Si perché per quanto lo spettacolo possa essere travolgente ed emozionante, per quanto possa coinvolgere gli spettatori, direttamente o indirettamente, capita che chi siede sulle comode poltrone rosse spesso si ricordi di essere a teatro e di star assistendo ad uno spettacolo in cui non ha alcuna funzione, se non quella di mero spettatore. 

 

Venerdì 10 Novembre, grazie a Dominio Pubblico in collaborazione col Teatro di Roma, abbiamo avuto l’opportunità, chi dal palco e chi dalla platea, di assistere allo spettacolo di Gabriele Lavia, noto regista e attore italiano, che si è occupato di abbattere quella barriera tra attori e pubblico portando in scena al Teatro Argentina di Roma Un curioso accidente, brillante commedia di Carlo Goldoni recuperata e trasformata in un “autentico e delicato capolavoro”. La storia, tanto intricata da apparire inverosimile, pur se vera, ha come sfondo la Guerra dei sette anni, nella quale furono coinvolte le principali potenze europee di quel tempo, come presenta Lavia stesso prima di indossare – letteralmente – gli abiti del protagonista Monsieur Filiberto, un ricco mercante olandese che, nella sua casa prospera e tranquilla, accoglie lo strampalato generale francese, Monsieur da la Cotterie (Simone Toni) e il suo servo, Monsieur Guascogna (Lorenzo Terenzi), decisamente più astuto del padrone, proprio come vuole la tradizione. I due inviati francesi si innamorano rispettivamente della figlia di Monsieur Filiberto, Madamigella Giannina (Federica Di Martino) e della sua serva, Marianna (Giorgia Salari); ma se l’amore tra la servitù non è ostacolato da ranghi sociali e eredità, e di conseguenza può facilmente sperare in un lieto fine, diversa è la situazione se a chiedere la mano della figlia di uno dei più ricchi mercanti d’Olanda è un povero soldato francese, cadetto di famiglia, sconfitto in guerra e destinato ad un’eredità quasi nulla. Il tentativo di nascondere questo amore impossibile darà il via a una serie di esilaranti equivoci quando Monsieur Filiberto, non interpretando correttamente le parole della figlia Giannina, farà di tutto per combinare il matrimonio tra Monsieur da la Cotterie e Madamigella Costanza (Beatrice Ceccherini), realmente innamorata del soldato francese.

Benché già la trama sarebbe bastata a convincere tutta la comitiva a precipitarsi a teatro, a rendere ancora più curioso lo spettacolo sono state le particolari scelte registiche attuate da Lavia che gli hanno permesso di racchiudere l’opera e il pubblico in un’atmosfera di armonia; atmosfera in cui l’alternanza tra il cantato e il parlato scandisce il susseguirsi dei tre atti (comunicati dagli stessi attori) e in cui è portato all’estremo il coinvolgimento del pubblico all’interno della storia. Nonché l’estensione della scena teatrale a tutto lo spazio a disposizione, compresa la platea, la quale ha permesso di abbattere quella tipica barriera tra palcoscenico e pubblico, “siglando” con gli spettatori un vero e proprio patto narrativo e concedendo loro il privilegio di raccogliere gli applausi a fine spettacolo, pur avendo ‘’solo’’ guardato lo spettacolo. Le condizioni di questo patto sono molto semplici: in primis, la consapevolezza di essere una componente fondamentale nelle vicende e nelle peripezie che compongono l’intera opera, nelle quali si trovano completamente immersi, e poi, ovviamente, il semplice stare al gioco; talvolta, infatti, gli spettatori vengono interpellati, altre volte sono complici di inganni o spionaggi, e altre ancora sono chiamati ad appoggiare i pensieri dei personaggi, pur restando nella loro veste di spettatori. Eppure, per Lavia questo non è bastato; la volontà di abbattere quella incorruttibile barriera va ben oltre il ‘’semplice’’ coinvolgimento del pubblico e mira a creare una scena teatrale libera, aperta e accessibile a tutti. Questo obiettivo si traduce nella particolarità principale dello spettacolo: la presenza di quindici posti a sedere sul palco e la possibilità, per altrettante persone, di guardare lo spettacolo da una prospettiva inusuale e insolita, quella dell’attore appunto, facendosi carico della responsabilità di narrare quel curioso accidente e di mantenere vivo quel patto narrativo di cui fanno parte e che, al tempo stesso, superano nel momento in cui si accendono i riflettori, diventando parte della scenografia e dello spettacolo stesso; difatti, non mancano occasioni in cui Monsieur da la Cotterie trova il suo nascondiglio o la sua consolazione da Madamigella Costanza proprio tra le poltrone rosse abitate dal pubblico – e può testimoniarlo chi quel 10 Novembre a teatro c’era e ha assistito all’imbranato tentativo del soldato francese di nascondersi tra chi era seduto sul palco, per di più con un lenzuolo in testa).

Insomma, che si assista allo spettacolo dal palco o dalla platea, una cosa è certa: le emozioni scaturite dal coinvolgimento dell’opera e dalla chimica tra gli attori sono amplificate dalla consapevolezza di star vivendo un’esperienza indimenticabile per chiunque ne abbia preso parte.

 

Vittoria Federiconi e Vittoria Ferraro Petrillo
23 novembre 2023