GIOVENTÙ BRUCIATA: “Ragazzi Di Vita”, regia di Massimo Popolizio

“Era come una mano de colore”. Si può riassumere così il tempo trascorso assieme ai Ragazzi Di Vita. Così come il telo bianco che incornicia il racconto, anche il tempo con loro si colora di tante sfumature.

Quella sera, prima dello spettacolo ci siamo incontrati: noi seduti in platea e loro sul ciglio del proscenio, ma la separazione tra noi e loro è solo fisica. Magari è vero, non sono più veri e propri ragazzi, rispetto a quando hanno cominciato – loro stessi si definiscono “Anziani Di Vita” ormai -, ma la semplicità d’animo e l’armonia di un gruppo di giovani che scherza, si prende per i fondelli e si dà a pacche sulle spalle, quella rimane sempre, anche dopo più di 100 repliche.

Tante domande e curiosità da un lato, tante risposte, esperienze e aneddoti da raccontare dall’altro, compreso il rimarcare la prima lezione del teatro: è fondamentale mettersi nei panni degli altri e fare squadra, sempre e comunque.

Foto © Dominio Pubblico

E poi la vera magia: le luci si spengono, le voci si smorzano e resta lui, il palco del Teatro Argentina che, come intima spesso il regista Massimo Popolizio, “te se magna”.

Mettere in scena un romanzo come Ragazzi Di Vita di Pier Paolo Pasolini non è affatto semplice, eppure l’entusiasmo nel raccontare dell’autore è stato riportato sul palco in modo impeccabile. Un narratore, drone e ladro, e tutti i personaggi, nessuno escluso, sono stati capaci di evocare nitidamente oggetti e situazioni che non avevamo davanti agli occhi. Ci hanno presi per mano, facendoci ridere per i modi scontrosi del bagnino Orazio, o di aneddoti come quello di “Pasta e preservativi”, ma anche piangere, nel vedere impotenti come lo stesso Riccetto, che qualche anno prima aveva rischiato la vita per salvare una rondinella dalla corrente del fiume, alla fine lascia morire in quella stessa corrente Genesio, un ragazzo come lui, simbolo dell’affioramento della civiltà dei consumi.

Foto © Achille Lepera

Tra noi ragazzi, confrontandoci subito dopo, diffusissimo era lo stupore nel riconoscerci non tanto in quelle situazioni, quanto nel profondo di quelle anime, solo apparentemente così distanti, ma che nelle quali invece vi abbiamo trovato lo specchio in cui riconoscerci.

Roberta Grassi

 

Foto intestazione © Achille Lepera

Video e montaggio © Elisa Genna